Definizione di “buco nero”: corpo celeste, avente un campo gravitazionale così intenso da non lasciare sfuggire né materia, né radiazione elettromagnetica.
Definizione di “orizzonte degli eventi”: superficie del buco nero, confine della regione dalla quale non può uscire alcun segnale.
Sarò un po’ vintage, ma è sorto in me un improrogabile bisogno di rivolgermi alla Treccani per ricercare un comprensibile significato di questi due termini che il mondo dell’informazione c’ha dato in pasto all’indomani della prima storica foto ad un buco nero (o quantomeno alla sua sagoma), realizzata grazie al progetto Event Horizon Telescope, frutto di una collaborazione globale di oltre 200 scienziati tra cui colleghi e colleghe INFN e INGV (e vai forte col patriottismo della Ricerca, altro che quello delle felpe e delle ruspe!). Se poi s’è affetti dal morbo dell’associazione di idee, si tende a collegare aspetti e informazioni del reale logicamente non collegabili tra di loro, come un buco nero e il futuro dell’ISTAT o come l’orizzonte degli eventi e le nomine al vertice del nostro beneamato Istituto.
Gli arrivi di Gian Carlo Blangiardo e Michele Camisasca nello stabile di via Balbo 16 sono gli ultimi eventi all’orizzonte di un “buco nero” dentro il quale questo Istituto sta per cadere con tutta la sua tanto conclamata autonomia e indipendenza, elementi vitali in ogni sua funzione, dal ruolo ricoperto verso l’esterno fino all’ultima delle sue attività basilari di carattere amministrativo. Eventi ultimi non in senso relativo: in senso assoluto. Questi due personaggi non sono il buco nero, ma sono gli ultimi avvertimenti del suo avvicinamento, sono ciò che di lui è osservabile lungo la sua linea d’orizzonte, oltre la quale nulla è più verificabile, perché nulla più esiste, neanche la luce. Solo il buco stesso.
Da mesi si denunciava l’inadeguatezza e la pericolosità per questo Ente di una figura come quella del prof. Blangiardo al suo vertice: non è bastato, perché la nomina è arrivata. S’è dato credito e ospitalità in Aula Magna al senatore Bagnai, economista di spicco della Lega, che s’è sentito libero di screditare da capo a piedi l’operato dell’Istituto nell’ambito del Rapporto sulla competitività. Non è bastato neanche Bagnai: s’era quasi arrivati ad un’imbarazzante presenza al Convegno oscurantista di Verona dello scorso 31 marzo da parte del Presidente Blangiardo, e forse lì una forte e tempestiva protesta di colleghe e colleghi è stata sufficiente ad impedire tutto ciò, ma a non pochi ha dato la sensazione di una misura tampone. A far capire che s’è sempre più vicini all’orizzonte del buco nero, probabilmente non basterà né la nomina a Direttore Generale del dott. Michele Camisasca, figlio del sistema di potere brandizzato Comunione e Liberazione e dotato di un passato professionale alquanto controverso (stando alle ultime notizie sui giornali), né le dinamiche che l’hanno preceduta: è già leggenda la stretta di mano tra Blangiardo ad Antonucci in una riunione di vertice per sugellare il rinnovo dell’incarico a DG (#staisereno).
Indicazioni (postume) per l’uso e il consumo delle precedenti righe: le trombe dell’Apocalisse non stanno squillando e la statua di Marco Aurelio ancora non ha perso tutta la sua doratura; le profezie di sventura lasciamole al Mago Otelma. Quello che possiamo tenere è una considerazione di fondo, molto politica (ma non per questo faziosa), che diventa un invito a quei colleghi e a quelle colleghe “garantisti” verso i nuovi vertici, persone che in buona fede preferiscono giudicarli solo dopo averli visti all’opera. A loro rivolgo l’invito a non avvicinarsi all’orizzonte del “buco nero” per cercare di osservarlo meglio, perché è inutile: essendo orizzonte, per definizione, tanto più ci si avvicina quanto più sembra rimanere distante. Una volta superato, però, per uscirne bisognerebbe avere un velocità di fuga superiore alla velocità della luce. E allora sarà veramente troppo tardi, sia per tornare indietro che per rendersi conto di essere caduti dentro il buco. Nero. Molto nero.
Pepito Sbazzeguti
Коментарі