Martedì 11 Aprile è stato l’ultimo giorno disponibile, secondo i regolamenti parlamentari, per esprimere il parere vincolante dei due-terzi delle Commissioni parlamentari Affari Costituzionali necessario per la rinomina dell’ex Presidente Blangiardo ad un secondo mandato. Non è stato espresso un parere negativo, solo perché non si è votato. I Parlamentari dell’opposizione hanno infatti reso noto che non sono disponibili a rinominarlo, e –nel frattempo- il Governo pare voler ritirare l’emendamento al Decreto PNRR3 che garantiva a Blangiardo la possibilità di svolgere il suo incarico retribuito. Non foss’altro per il peso che il Prof. Blangiardo ha dedicato durante la sua audizione parlamentare ai motivi per cui è importante che Egli sia retribuito c’è da credere che questa sia la pietra tombale sul suo secondo mandato. Se così non fosse si sappia in anticipo che ci faremo attori nelle opportune sedi legali di una nomina palesemente e totalmente illegittima. Ci sarà tempo per ragionamenti approfonditi, ma intanto 3 cose vanno dette.
La prima è che la “caduta” del Prof. Blangiardo non è solo una buona notizia, era la condizione necessaria per poter immaginare un futuro per questo Istituto. Dietro la sua fuorviante bonarietà, mai personalità più assente, arrogante e disinteressata al destino dell’Istituto è stata seduta sulla poltrona presidenziale.
Blangiardo è stato un Presidente riuscito a trasformare un banale episodio di relazioni sindacali come l’invasione della sua stanza in un esposto alla Procura (!!!), che –dicono le voci- Lui ha insistito a presentare, oltrepassando abbondantemente non il culmine dell’autoritarismo, ma il senso del ridicolo. Con Blangiardo è impossibile trattare non perché difenda una sua idea di Istituto, ma perché Lui non immagina trattative, ma solo favori pietiti da condizioni di precarietà. Dovrebbero riconoscerlo anche i sindacati che hanno potere di trattativa e che dopo essere stati insolentiti oltre l’immaginabile, erano pronti (a leggere dei comunicati difficilmente conciliabili con le richieste fatte al Parlamento) a riaprire un nuovo ciclo di dialogo con Lui. Può sempre arrivare un’altra personalità simile? Certamente, ma almeno saprà che nessun esito è scontato.
Secondo punto. Di chi è il merito della “caduta” dell’era Blangiardo? Siccome quasi ogni fenomeno al mondo ha più di una causa, inizierà presto la gara delle interpretazioni. La nostra risposta è chiara il merito è della partecipazione dei lavoratori e delle lavoratrici. Tutti/e. Anche se sminuiranno il sacrificio stipendiale, la partecipazione e le giornate di lotta, sappiate che invece hanno contribuito moltissimo a compattare le opposizioni. Per una volta la democrazia parlamentare ha funzionato. Quando tutti gli attori coinvolti si impegnano le opposizioni non restano insensibili. E lo diciamo non per ideologia, ma perché –come tutte le associazioni sindacali- ci siamo premurati di comunicare con i gruppi parlamentari delle opposizioni a cui abbiamo dovuto spiegare molto poco, perché sapevano già sia delle proteste contro la 3-I, sia dello sciopero, sia degli altri conflitti sindacali.
Terzo Punto. La caduta di Blangiardo sarà sufficiente a fermare il declino dell’Istituto? No. L’eredità che ci lascia è pesante e andrà analizzata, ma su questo bisogna essere chiari e fare una discussione pubblica su che Istituto vogliamo e cosa siamo disposti/e a mettere in gioco per il suo raggiungimento. L’unica cosa che ha funzionato in questi anni sono le assemblee unitarie di mobilitazione. Come si è visto il clima di normali relazioni sindacali può scomparire a seconda dell’orientamento dell’Amministrazione, e non basta sedersi ai tavoli per ripristinarlo. Senza essere complottisti, si può pensare che il Ministero della Funzione Pubblica sia stato più che contento dell’inazione dei nostri Dirigenti che ci ha portato a perdere più del 10% del personale.
O ritroviamo le ragioni della dignità del nostro lavoro o ci rassegniamo a vivere in un Istituto che premia i pochi e svilisce i molti. Abbiamo tutti gli strumenti per ricominciare perché la vera risorsa dell’Istituto siamo Noi.
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