L’approvazione blindata del PIAO dello scorso 22 aprile ci porta in dono, oltre al nuovo modello di lavoro agile che abbiamo analizzato la scorsa settimana, un aggiornato Piano di fabbisogno che disegna lo scenario di breve termine per la gestione delle “risorse umane” dell’ISTAT.
Riassumiamo per punti:
- Il PIAO documenta la massiccia riduzione del personale Istat nell’ultimo quadriennio: un saldo negativo di 266 unità e la discesa dei dipendenti ISTAT sotto al livello critico delle 2000 unità, fino ai 1.920 del dicembre 2021: un numero che continua a diminuire di mese in mese (altre 81 cessazioni sono previste nel 2022) e che deve ancora scontare i pensionamenti che riguarderanno la coda della coorte di ingresso 1981. Se prolungassimo indietro lo sguardo vedremmo che la riduzione del personale è cominciata ben prima: la presidenza Blangiardo ha dunque proseguito e intensificato una dinamica di riduzione del personale e di aumento dei carichi di lavoro su chi è rimasto. Una riduzione del 12% dei dipendenti che implica anche, pur ignorando le aumentate richieste lavorative intervenute, un simile aumento della produttività media tra i lavoratori superstiti.
- I ¾ dei pensionamenti hanno riguardato i livelli IV-VIII: la previsione di 100 nuove assunzioni in quei profili, attraverso un a selezione “rapida” in stile PNRR e senza che vi sia il tentativo di distinguere le aree di competenza appropriate, è insufficiente a coprire le voragini che si sono aperte in questi anni e lascia intravedere una strategia di marginalizzazione della componente tecnica e amministrativa dell’ISTAT. Anche qui Blangiardo eredita e approfondisce una strada già imboccata: in questi anni pezzi interi della statistica pubblica (dalla conduzione delle indagini sulle famiglie a quote importanti dello sviluppo informatico) sono stati espulsi fuori dal perimetro ISTAT, e con loro, le professionalità associate.
- Le risorse a disposizione, dato il bilancio ISTAT e la normativa vigente, sarebbero molto ampie: relativamente al criterio della spesa per il personale siamo al 62% delle entrate, cioè ben 18 punti sotto la soglia massima dell’80% e con una capienza di ulteriori 40 milioni di euro da destinare alle spese per il personale; rispetto al secondo (e dubbio) criterio della spesa potenziale massima legata alla pianta organica le risorse disponibili si ridurrebbero a circa 31 milioni di euro (137,7 milioni di eruo rispetto ai 106,8 attuali). I soldi per investire sul futuro della statistica pubblica sono lì, e da tempo.
- Le risorse appostate nel bilancio 2022 sono però largamente sottodimensionate, rispetto al volume delle cessazioni reali, allo stato di emergenza organizzativa in cui versa larga parte dell’Istituto e alle ampie disponibilità di bilancio già descritte. Ne deriva, a fronte di una serie di fantasiose assunzioni su tempi di realizzazione delle procedure in corso e di quelle “da attivare” (tra cui un nuovo concorso da 100 posti nel III livello da bandire quando ancora non è conclusa la serie dei concorsi per III livello del 2018 di cui parleremo dopo) un residuo di risorse per il 2022 pari a meno di un milione di euro. E’ a causa di questa austerità autoinflitta che si conclude circa “l’impossibilità di accogliere tutte le richieste di incremento delle assunzioni e la necessità primaria di individuare le priorità dell’Istituto”. Tradotto: ci sarebbero soldi a palate per assumere ex-novo e far crescere posizioni e retribuzioni del personale già in Istat (anche una volta effettuate tutte le assunzioni previste da tutte le selezioni esistenti, la spesa per il personale arriverà a 124 milioni di euro, con uno spazio di altri 13 milioni per assunzioni e carriere), ma decido di non farlo e dunque sono costretto a prendere decisioni dolorose.
- Arriva poi il capolavoro, il paragrafo “Strategia di copertura del fabbisogno”. Andrebbe citato nella sua interezza ma ci limitiamo ai suoi punti più alti. Sarebbe bello assumere, dice l’anonimo estensore, ma purtroppo “le procedure concorsuali si risolvono sempre più spesso non nell’auspicato incremento della dotazione complessiva delle risorse umane, bensì, di fatto, in una modifica dei profili del personale già in servizio”. I subdoli dipendenti ISTAT si infiltrano nelle selezioni e impediscono a chi è fuori di entrare, spuntando anche avanzamenti di inquadramento e retribuzione e così pesando malignamente sulle casse dell’ente. Così la “defatigante attività di reclutamento che solo oggi vede all’opera 16 distinte commissioni di concorso per procedure concorsuali attivate a vario titolo” si risolverà al massimo in un “incremento di personale irrisorio”. Segue il colpo di genio: basta con i concorsi, bisogna invece puntare “a reclutare personale attingendo da graduatorie esistenti presso altri enti del medesimo comparto”. Operazione già cominciata con la procedura di mobilità per 43 posizioni CTER dello scorso anno (in grande difficoltà peraltro), e che si vuole proseguire allargandola a posizioni di ricercatore/tecnologo e ad altre 11 posizioni CTER. Per dimostrare la concentrazione di falsità e delirio presente in queste righe, si può usare l’esempio del concorso da Ricercatore/Tecnologo III livello professionale bandito nel 2018 e in via di conclusione in questi mesi dopo più di 4 anni. Una delle poche strade capace di rispondere sia alle esigenze del reclutamento dall’esterno che al problema del sotto-inquadramento (da cui la quota riservata del 50% per gli interni, forse ignota all’anonimo estensore) è stata auto-sabotata dall’Istat, con la previsione di un’assurda e inedita soglia sul punteggio totale oltre a quella su prove scritte e orali, e probabilmente dalla mancata comprensione della stessa esistenza della soglia da parte di alcune commissioni. Ne seguirà addirittura l’assenza di vincitori in alcune aree di concorso, quando la semplice eliminazione della soglia e l’uso pieno delle graduatorie metterebbe a disposizione alcune decine di nuovi ingressi (quasi la metà di chi ha superato scritti e orali, a smentire l’anonimo estensore) e garantirebbe il passaggio di inquadramento per lavoratori che attendevano da anni questa opportunità.
Proviamo a riassumere. La dinamica delle necessità assunzionali e dei pensionamenti era nota da anni. Le disponibilità di bilancio ampie. Poiché tutto era noto e nulla impediva di reagire, niente può giustificare l’inerzia dell’amministrazione Blangiardo, che non ha saputo né fare una valutazione analitica delle competenze e dei profili da sostituire e/o rinforzare, né programmare per tempo un piano di assunzioni adeguato, né portare a termine in modo logico e sensato quelle che ha ereditato.
Il bilancio di questi 4 anni è dunque: una contrazione senza precedenti della forza-lavoro Istat, un aumento della produttività imposto al personale rimanente, carriere bloccate e salari reali in caduta libera (solo nel 2021-22 perderemo l’8% circa in termini reali grazie all’inflazione). La responsabilità di questo disastro viene schivata e rovesciata su chi l’ha subito, e ci si propone di vessare ulteriormente le vittime, cioè i lavoratori.
E’ una vera e propria strategia del disastro: se si fa di tutto per distruggere le proprie risorse interne e per togliere ogni residua motivazione a chi lavora qui dentro, vuol dire che l’obiettivo è proprio quello. La vicenda della 3-I spa, che prosegue la strada delle esternalizzazioni inaugurata 15 anni fa con le indagini sulle famiglie, da contestualizzare all’interno del “grande affare” del PNRR ci fa capire i contorni del disegno: distruggere la statistica pubblica dall’interno e venderne i pezzi a saldo sul mercato. Bisogna fermarli. Invitiamo tutti i lavoratori a partecipare (in presenza preferibilmente) alla
ASSEMBLEA GIOVEDI’ 5 MAGGIO – AULA MAGNA BALBO 16 - ORE 10:00
COORDINAMENTO LAVORATORƏ DELLA STATISTICA PUBBLICA
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